Narra Boccaccio nel suo Decameron la storia di Tancredi, principe di Salerno, e di come in vecchiaia si sporcò le mani di sangue per amore troppo cieco della sua unica figlia, Ghismonda. Lei era una giovane bellissima, tanto nel corpo quanto nello spirito, piena di vitalità e saggezza, come se ne vedevano ben poche a quei tempi. Tanto l’amava il padre che non voleva separarsi da lei e, dopo essere diventata vedova, non aveva nessuna intenzione di maritarla di nuovo.
Ma Ghismonda, ancora piena delle energie della giovane età, pensò di poter trovare un amante segreto. Il padre, infatti, non l’avrebbe maritata e lei mai avrebbe fatto una tale richiesta. Così si guardò attorno nella corte del padre e tra i tanti validi uomini scelse Guiscardo, di origini umilissime, ma dal cuore nobile. Accortisi l’uno dell’altro, i loro cuori s’accesero d’amore e Ghismonda trovò il modo per farsi raggiungere da lui in gran segreto.
C’era, infatti, nella casa del principe Tancredi, una grotta dalla quale non passava più nessuno. Quella sarebbe stata la strada che avrebbe condotto all’amore. E quella seguì Guiscardo per raggiungere Ghismonda nella sua stanza, dove a lungo si amarono accarezzando una felicità infinita. Ma la fortuna, invidiosa di tanto piacere, trasformò la letizia dei due amanti in triste pianto. Una sera, infatti, Tancredi andò nella stanza di sua figlia e, senza che gli amanti si accorgessero di niente, scoprì l’amore segreto dei due.In preda a una cieca gelosia, Tancredi fece arrestare Guiscardo e lo incarcerò.
Si rivolse poi alla sua unica, amatissima figlia, mostrandole il dolore per quanto aveva visto, per come lei si fosse data a un uomo di umili origini. Piange e si infuria, e non sa che fine far fare al traditore Guiscardo. Ghismonda rispose con quello che ad oggi è uno dei monologhi più belli della letteratura mondiale: «Tu, che sei fatto di carne, padre, mi hai generato. E dovresti sapere per questo che anche io sono fatta di carne. Sappi che qualunque cosa farai a Guiscardo, se non la farai anche a me, allora la farò io stessa con le mie mani»
Non credendo al viso fermo e alle parole sincere della figlia, Tancredi, ferito da un amore folle per una figlia bellissima, decise di far uccidere Guiscardo e mise il suo cuore in una coppa d’oro. Lo fece consegnare a Ghismonda con un messaggio molto chiaro: «Il tuo padre ti manda questo per consolarti della cosa che più amavi».
Disperata Ghismonda, ma sempre ferma nel prendere le decisioni, prese la coppa d’oro in mano, degna sepoltura per un cuore puro, e la lavò con le sue lacrime. Si fece poi portare delle erbe velenose e preparò un infuso. Lo versò nella coppa lavata dal suo dolore e, senza indugi, lo bevve e si mise sul suo letto, con accanto il cuore del suo amato. Sentito questo, Tancredi si avvicinò al letto della figlia. E poi fu solo pianto e rimorso quando Ghismonda chiuse gli occhi per sempre.
Con questo folle gesto, non solo Tancredi negò l’amore a Ghismonda e Guiscardo, ma negò a sé stesso la felicità più grande: una figlia, l’unica figlia. Saggia e bellissima, con un cuore grande e amore da distribuire a fiotti, a un padre stimatissimo, al suo Guiscardo, senza che l’uno annullasse l’altro.
Giornata 4
Novella 1
Reggimento di Filostrato